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Visualizzazione dei post da 2014

Traffico di influenze illecite e misure cautelari

Cassazione sezione VI 28.11.2014 n. 1933  Tizio viene sottoposto a custodia cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 319 c.p. perché, quale consigliere politico del Ministro dell’economia e componente delle Commissioni parlamentari Bilancio e Finanze, avrebbe ricevuto da Caio la somma di € 50.000,00 per influire sulla stanziamento di finanziamenti statali in favore del Consorzio di cui quest’ultimo era presidente per la realizzazione di infrastrutture. Il Tribunale del Riesame, conferma la misura disposta dal Gip, ritenendo che Tizio accettando la promessa di denaro, avesse asservito la pubblica funzione ricoperta all’interesse particolare del Consorzio violando i doveri di indipendenza ed imparzialità, reputando quindi corretta la contestazione del reato di corruzione propria ex art. 319 c.p. Avverso l’ordinanza propone ricorso la difesa dell’indagato sostenendo l’erronea qualificazione giuridica del fatto ritenendo che l’indagato non abbia compiuto

Quasi flagranza

Cassazione Sezione I 3-16 ottobre 2014 n. 43394 Non ricorre la condizione di quasi flagranza qualora l’inseguimento dell’indagato da parte della P. G. sia stato iniziato non già a seguito ed a causa della diretta percezione dei fatti da parte della P.G. bensì per effetto e solo dopo l’acquisizione di informazioni da parte di terzi. Nel caso di specie, la Cassazione ha rigettato il ricorso del Procuratore della Repubblica avverso il provvedimento che non ha convalidato l’arresto per difetto del requisito della quasi flagranza poiché i Carabinieri avevano proceduto all’arresto per il reato di tentato omicidio solo dopo essere stati allertati dai parenti della vittima successivamente ai fatti ed aver ascoltato la persona offesa a bordo dell’ambulanza. In difetto quindi della diretta percezione dell’azione delittuosa e dell’immediatezza dell’inseguimento. In senso contrario a tale orientamento si veda Cassazione sez. II 10.11.2010 che ricomprende nella condiz

Molestie e Facebook

Cassazione sez. I 11.07–12.09  2014 n. 37596 Tizio, caporedattore del giornale X, viene tratto a giudizio per il reato di cui all’art. 660 c.p. perché per petulanza o altro biasimevole motivo molestava la redattrice Caia con apprezzamenti volgari a sfondo sessuale tramite internet sulla sua pagina Facebook in uso alla giornalista. Assolto in primo grado, Tizio è stato condannato in appello avendo la Corte ritenuto che il reato doveva ritenersi integrato mediante i messaggi inviati sotto pseudonimo tramite internet sulla pagina Facebook della vittima, costituente una comunity aperta, sul profilo della persona offesa accessibile a chiunque, la quale per sottrarsi alle molestie aveva dovuto bloccare l’accesso a Tizio, ma ciò solo dopo che i messaggi erano apparsi sulla sua pagina. Propone ricorso per Cassazione l’imputato evidenziando come il messaggio sia stato inviato nella c.d. chat privata e non già sulla bacheca pubblica. La I sezione della Corte

Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, sentenza 24 aprile – 18 settembre 2014, n. 38344

Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, sentenza 24 aprile – 18 settembre 2014, n. 38344 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza deliberata il 25 maggio 2012 e depositata il 4 giugno 2012, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della impugnata sentenza del 24 febbraio 2009 del Tribunale di Nola, a carico di P.G. e di C.V. , imputati, in concorso tra loro, del furto aggravato di alcuni indumenti, generi alimentari e cosmetici, sottratti dal supermercato Auchan, in (…) il (omissis) , ha riconosciuto ai giudicabili appellanti l’attenuante del danno di lieve entità; ha dichiarato la ridetta diminuente prevalente – unitamente alle circostanze attenuanti generiche già concesse in primo grado – sulla aggravante del mezzo fraudolento; ha ridotto la pena inflitta da quattro mesi di reclusione e 120 Euro di multa a due mesi, venti giorni di reclusione e 80 Euro di multa, ciascuno; ha elargito alla C. l’ulteriore beneficio della non menzione della condanna nel certificato

Furto in supermercato

Cassazione Sezioni Unite sentenza 24.04. – 18. 09. 2014 n. 38344 Tizio, all’interno di un supermercato , apre una bottiglia di birra, la beve e poi la ripone sullo scaffale. Successivamente, cela sulla sua persona ed in una borsa altri beni con i quali, dopo il superamento delle casse, viene fermato dal personale addetto al controllo che mediante telecamere aveva assistito all’intera condotta. Alle Sezioni Unite è rimessa la questione relativa alla configurabilità, nel caso di specie, dell’ipotesi di furto consumato o tentato. Ed invero, la Suprema Corte nella sua composizione più autorevole ha ravvisato il furto consumato in ragione dell’avvenuto impossessamento della bottiglia di birra. Al riguardo, si è statuito che qualora la condotta furtiva riguardi una pluralità di cose di pertinenza dello stesso detentore, nel medesimo contesto temporale e spaziale, se l’agente si impossessi di alcuni dei beni, senza riuscire per cause indipendenti dalla sua volont

Induzione indebita

Cassazione sezione IV 01.04 – 03.07 2014 n. 28978 Il reato di induzione indebita di cui all’art. 319 quater c.p.  si caratterizza, dal punto di vista della condotta, come persuasione, suggestione, inganno e si manifesta sotto forma di una pressione morale, con un valore condizionante più tenue rispetto alla libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale disponendo di margini decisionali più ampi finisce con il prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta perché motivato dalla prospettiva di conseguire un indebito tornaconto personale, il che lo pone in una posizione di complicità col pubblico agente e lo rende meritevole di una sanzione a suo carico. Il delitto di concussione di cui all’art. 317 c.p. come modificato dall’art. 1 comma 75 legge n. 190 del 2012 consiste invece in un comportamento del P.U. che, abusando delle sue funzioni o dei suoi poteri, agisce con modalità o con forme di pressione tali da non lasciare margini alla libertà di

Usura

Cassazione sez. II 25.03. – 07.05.2014 n. 18778 L’art. 644 c.p., oltre a prevedere, nei commi 1 e 2, la c.d. usura presunta per la cui integrazione è sufficiente la pattuizione di un tasso di interessi che ecceda il limite consentito dalla legge n. 108 del 1996, al comma 3 punisce la c.d. usura in concreto , essendo reputati usurai anche quegli interessi che, benché inferiori al tasso soglia, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari risultano sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o altra utilità quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria. In altri termini, per la configurabilità dell’usura in concreto, è necessario accertare la sproporzione degli interessi anche se inferiori al tasso soglia usurario ex lege e delle condizione di difficoltà economica o finanziaria del soggetto passivo. La condizione di difficoltà economica richiesta per l’usura in

Circolazione stradale

Cassazione sez. VI 18.03.-22.04 2014 n. 17621 I reati di cui all'art. 189 comma 6 e 7 del codice della strada si configurano esclusivamente nelle ipotesi di coinvolgimento dell’agente in un incidente stradale che consegua alla violazione di regole cautelari contemplate dal c.d.s., sorrette quindi dall’elemento soggettivo della colpa. Tali reati non si configurano rispetto a condotte dolose trovando invece il proprio fondamento nell’art. 2 della Costituzione che si impone ai consociati a meno che gli stessi non si siano già resi responsabili della sua violazione in termini più radicali attentando volontariamente (e non già con colpa) alla vita ed alla incolumità della persona cui dovrebbero prestare soccorso.    Art. 189 c.d.s. Comportamento in caso di incidente 1.  L'utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha l'obbligo di fermarsi e di prestare l'assistenza occorrente a coloro che, eventualmen

Guida e sostanze stupefacenti

Cassazione  Sezione IV 13.02. – 11.04.2014 n. 16059 Tizio, alla guida della propria autovettura, cagiona un incidente stradale. Trasportato in ospedale, dall’esame delle urine risulta avere assunto sostanze stupefacenti. Tratto a giudizio, viene condannato in I e II grado perché reputato responsabile del reato p. e p. dall’art. 187 c.d.s. Propone ricorso per Cassazione il difensore. Sul punto, la Suprema Corte, ritiene che la contravvenzione de qua è integrata dalla condotta di guida in stato di alterazione psico-fisica determinato dall’assunzione di sostanze e non dalla mera condotta di guida tenuta dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti. E’ quindi necessario, per fondare un giudizio di responsabilità, non soltanto provare la precedente assunzione di sostanze stupefacenti, ma altresì che l’agente abbia guidato in stato di alterazione cagionata proprio da tale assunzione. In altri termini, poiché le tracce degli stupefacenti permangono

Art. 600 bis c.p.

Cassazione Sezioni Unite 19.12.2013 – 14.04.2014 n. 16207 La massima: “la condotta di promessa o dazione di denaro o altra utilità, attraverso cui si convinca un minore ad intrattenere rapporti sessuali esclusivamente con il soggetto agente, integra gli estremi della fattispecie di cui al comma II dell’art. 600 bis c.p., non ravvisandosi la sussistenza delle condotte descritte dal comma I della norma”. La Corte di appello di Brescia condannava Tizio per il reato di cui all’art. 600 bis comma I c.p. per avere indotto i minori Mevio, Caio e Sempronio a prostituirsi concedendosi a lui che compiva atti sessuali vari su di loro ricompensati con piccole somme di denaro. Propone ricorso per Cassazione l’imputato lamentando, tra gli altri motivi, l’erronea applicazione della legge penale quanto all’inquadramento della condotta nell’alveo di cui al comma I. Ed invero, si prospetta che in mancanza di tracce di pressione o coartazione morale da parte dell’imputato nei confront

Violenza sessuale e recidiva

Corte Costituzionale 14-18 aprile 2014 n. 106 “ E ’ incostituzionale l’art. 69 comma IV nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 609 bis comma III c.p. sulla recidiva reiterata di cui all’art. 99 comma IV c.p.” La III sezione penale della Corte di Cassazione con ordinanza del 15.10.2013 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 comma III Cost. questione di legittimità costituzionale dell’art. 69 comma IV c.p. come sostituito dall’art. 3 legge n. 251/2005 laddove prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’609 bis comma III c.p. sulla recidiva reiterata ex art. 99 comma IV c.p. Invero, il giudice a quo richiama la legge n. 66 del 1996 (norme contro la violenza sessuale) che ha unificato nella nozione di violenza sessuale le fattispecie di congiunzione carnale violenta ed atti di libidine violenti. Secondo la Corte remittente, l’unificazione in un’unica ipotesi ha indotto il